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BOSCHI URBANI

Aggiornamento: 25 set 2023


I cambiamenti climatici, la mancanza di verde e la sua gestione, anche nella nostra città, sono temi ampiamente discussi, ma non senza un certo grado di approssimazione e di confusione. Proviamo oggi ad approfondire la questione dei boschi urbani e dei parchi.


Iniziamo con una definizione dei termini: (dalla Enciclopedia Treccani)


BOSCO (fr. bois; sp. bosque; ted. Wald; ingl. wood). - È quel terreno in cui predomina la vegetazione di specie legnose selvatiche - arboree o fruticose - riunite in associazioni spontanee o d'origine artificiale, diretta o indiretta.

BOSCO: Consorzio di alberi d’alto fusto, arbusti ed erbe risultante dallo sfruttamento, da parte dell’uomo, delle risorse forestali originarie. Un bosco potrebbe essere definito foresta addomesticata per ricavarne legname, strame ed altre risorse

PARCO: Ampio tratto di terreno, generalmente boscoso e spesso recintato, destinato a usi particolari, oppure terreno di una certa estensione piantato ad alberi ornamentali, con vaste zone a prato o a giardino, destinato a svago e passeggio.


Comunemente, e specie nel contesto che ci interessa, si aggiunge, per entrambi, l’estensione di “urbano”, cioè cittadino o prossimo alle aree abitate.


PRIMO: I PARCHI

E’ un termine molto inflazionato usato sia in modo appropriato, come parco naturale (grande estensione protetta), parco archeologico, parco letterario, fino ad usi discutibili, se non ingannevoli, come parco tecnologico, parco eolico, parco commerciale…..

PARCHI URBANI

Ampi spazi generalmente alberati e con macchie di arbusti e fiori e prati (se piccoli sarebbero dei giardini) destinati ad attività ricreative, ludiche, passeggio e tempo libero. Con relative attrezzature che ne permettano la fruizione immediata e costante. Dai vialetti e camminamenti, alle panchine, alle fontanelle, ai giochi per bambini, ecc., fino a piste ciclabili e percorsi vita.

ESEMPI: a Senigallia soprattutto, se non solo, il Parco della Pace. Gli altri sono giardini: Anna Frank e Caduti di Nassiria, ad esempio.

Vicini, ad esempio, il grande Parco Miralfiore a Pesaro o il recente Parco delle Fonti a Corinaldo.

Cesanella e Saline, sono invece due parchi mancati, rimasti sulla carta, ne parleremo in appendice.


BOSCHI URBANI

I boschi urbani: come nascono e a cosa servono

Sono una pratica relativamente recente, e nascono nell’ambito delle attività volte a contrastare i cambiamenti climatici, in particolare prendono piede e si moltiplicano, dopo la stipula del “Protocollo di Kyoto”, nel 1997.

Sono visti come veri boschi in ambito urbano, hanno la funzione principale di abbattere l’inquinamento e migliore la qualità dell’aria, di combattere le “isole di calore”, oltre che ad avere anche finalità didattiche e ricreative.

I boschi urbani rientrano nella definizione di “carbon sink”, cioè “attività, processi, o meccanismi di rimozione di biossido di carbonio (CO2) dall’atmosfera”, secondo le indicazioni dell’UNFCCC (United Nation Framework Convention on Climate Change – Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici).

“Pozzi di assorbimento di carbonio”: qualcuno li definisce così, i boschi urbani che nelle nostre città dovrebbero assolvere, appunto, al difficile compito, di contrastare i cambiamenti climatici. Nelle città perché è proprio in queste che si sviluppa una parte importante dell’inquinamento globale, secondo alcune fonti oltre al 50%. Ambienti urbani dove un ruolo rilevante al proposito lo svolgono traffico e riscaldamento domestico.

Quindi caratteristica fondamentale, e differenza essenziale dai parchi, sta nella loro funzione di lotta all’inquinamento dell’aria ed ai gas serra, anche se non si escludono attività didattiche e ricreative.

Di solito l’impianto prevede la messa a dimora di piante abbastanza giovani e ravvicinate, in rapporto di tre a una rispetto a quello che dovrà essere il suo aspetto definitivo; inoltre non potrà essere reso fruibile al pubblico se non dopo un minimo di cinque anni ed un massimo di dieci (a volte anche più, a seconda dell’età delle piantine messe a dimora).

Questo soprattutto per ragioni economiche (coprire grandi estensioni a differenza dei parchi).

Sappiamo che il compito di smaltire grandi quantità di biossido di carbonio è assolto naturalmente dalla fotosintesi clorofilliana, Non a caso, il Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale in materia ambientale, sostiene che la mitigazione climatica si possa realizzare non soltanto attraverso misure di prevenzione e riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche con attività per la promozione dell’assorbimento forestale compensativo di CO2: riforestazione, piantare alberi su terreni che erano già occupati da piante ma che hanno subito la deforestazione; afforestazione (o afforestamento) piantare alberi su terreni che non sono mai stati forestali. (1)

Boschi urbani possono essere realizzati anche da grandi aziende e privati, dato che con essi vengono generati crediti di CO2 (carbon credit) che, una volta certificati da enti terzi indipendenti, possono essere venduti. (a chi inquina più del consentito)

TECNICHE DI IMPIANTO

Spesso, quando vengono realizzati interventi di forestazione urbana, le piantine forestali vengono considerate, dall’opinione pubblica (e purtroppo anche da operatori del settore poco informati!), troppo “piccole”.

In realtà, la scelta di utilizzate alberi e arbusti anche di 1 o 2 anni ha motivazioni tecniche ed agronomiche, che sono diverse da quelle per gli alberi che vengono utilizzati per viali alberati o all’interno di parchi e giardini. Le piante per gli interventi di forestazione urbana provengono da vivai forestali, che si occupano della produzione di piante forestali autoctone di provenienza locale. L’attività dei vivai riguarda nello specifico la raccolta e la conservazione del seme, la coltivazione delle piante e la loro distribuzione.

La distanza di impianto fra le file è di solito di 2,5 – 3 metri e quelle fra le singole piante di 1,5 metri. Negli impianti più attuali si tende a sostituire alle linee rette delle linee curve, al fine di dargli un aspetto più armonioso e naturale.

Tali distanze permettono di effettuare il controllo delle erbe infestanti con mezzi meccanici, che deve essere costante nei primi 3-5 anni dall’impianto, per poi diradarsi fino a diventare superfluo con il crescere delle piante e il completo ombreggiamento del terreno.

Spesso le persone vedendo alcune piccole piante morte, secche, si allarmano e gridano all’incuria e all’abbandono. Niente di più sbagliato, rientra nella logica del tipo di impianto avere nel corso della crescita perdite del tutto accettabile fino ad una percentuale del 20-30 %. Alcuni rovesciano, come visto, questa previsione, dipende dal tipo e dall’intensità dell’impianto.

A volte la gente si lamenta anche che in queste aree possono ospitare vari animali, alcuni che non godono di gran fama, come serpenti e rettili vari, piccoli mammiferi, topi di varie specie. Premesso che il controllo è sempre possibile, specie per i ratti, c’è da dire che è naturale ed inevitabile, questi stanno proprio nei boschi, è normale, non lo sarebbe se li incontrassimo in Piazza Roma o in Via Carducci.


IL CASO DI SENIGALLIA

(Da un documento-articolo redatto e pubblicato dal GSA tra il dicembre 2018 e il gennaio 2019)

I boschi urbani (o di riforestazione per l’assorbimento del carbonio) derivano da un accordo fra Regione Marche e Società Autostrade in occasione della realizzazione della terza corsia autostradale e, nel caso di Senigallia, anche della complanare.

L’accordo stipulato tra Regione Marche e Autostrade per l’Italia prevedeva un piano di riforestazione con piante autoctone finalizzato all’assorbimento di carbonio, in linea con gli obiettivi del piano nazionale di riduzione di gas serra, in adempimento al protocollo di Kyoto. L’intervento di compensazione ambientale prevedeva l’aumento della superficie forestale regionale privilegiando il recupero di territori abbandonati e la protezione dai rischi di dissesto. Il piano prevedeva interventi distribuiti su 19 Comuni per complessivi 420 ettari di territorio divisi in 60 aree.

L’intervento, che dovrebbe consentire nel complesso un potenziale assorbimento di CO2 variabile nel tempo da circa 11mila a circa 27mila tonnellate, sarà finanziato da Autostrade per l’Italia e realizzato a cura degli enti territoriali interessati sulla base di apposite convenzioni. La società Autostrade cura la progettazione esecutiva, i Comuni appaltano i lavori e, dopo cinque anni di manutenzioni a carico dell’appaltante (a garanzia dell’attecchimento avvenuto), subentrano nella gestione.

E’ prevista la realizzazione in tutti i comuni interessati dai lavori della terza corsia autostradale e non solo. Riassumendo: il costo degli interventi sarebbe stato a carico della Società Autostrade, mentre compito dei comuni era quello di individuare e mettere a disposizione le aree per gli interventi. Preferibilmente aree degradate che necessitavano di un’opera di recupero.

I progetti sono stati realizzati dalla Società SPEA Autostrade (Spea Engineering S.p.A.) una società di ingegneria del gruppo Atlantia.

Con una tipologia di intervento, come quella scelta in questo caso, il raggiungimento dell’obbiettivo prefissato, della piena compensazione della emissione della CO2, si dovrebbe ottenere dopo circa 12 anni.

Senigallia è stato il primo dei comuni su cui si è realizzato l’intervento, nel 2015. Poi seguirono altri comuni, anche in alcuni non interessati dalla realizzazione della terza corsia autostradale.

Un intervento, nella nostra città,, per 7,5 ettari: 4,5 a Cesanella e 3 alle Saline Per circa 4.000 alberi) (2)

Boschi dello stesso tipo sono stati poi realizzati anche nel comune di Ancona, su tre aree per 15 ettari, e Osimo, sempre su tre aree, per restare tra i più vicini.

Il nostro comune ha provato, con una idea un poco furbesca, quanto illusoria, a far realizzare con i fondi della Società Autostrade una parte di quei parchi della Cesanella e delle Saline attesi da più di 30 anni e regolarmente promesso ad ogni campagna elettorale. Ipotizzando un modello di intervento a parco urbano, come previsto dalle linee generali del Piano Strutturale del Verde.

Anche se in un primo momento l’ipotesi sembrava aver destato l’interesse della società finanziatrice, nella realtà l’operazione non è andata in porto e la Società Autostrade è andata avanti con il suo progetto, senza dubbio meno costoso, ma con prospettive meno ambiziose e molto più protratte nel tempo.

Con il risultato che, invece di aree degradate e da riqualificare, si sono occupate alcune aree tra le migliori fra quelle previste a verde pubblico dal nostro piano regolatore e che la realizzazione, con reale fruizione, di queste parti dei parchi della Cesanella e delle Saline dovrà slittare nel tempo di molti anni. Perché se è vero che questi boschi avranno effetto compensativo sulla emissione della CO2 di circa 12 anni, forse di più se ne dovranno aspettare per una reale fruizione, senza dimenticare che per renderli tali necessiteranno rilevanti investimenti in strutture che ne permettano il godimento pieno ed in sicurezza.

Oggi, dopo quasi 8 anni, si può incominciare a parlare di qualche forma di fruizione.


Due sono gli esempi preesistenti nella nostra zona: il bosco di Topolino alla Cesanella, realizzato nel 2008 dal settimanale Disney Topolino ed ENI, su una superfice di 21.334 mq, dove sono stati messi a dimora 800 alberi. Più vecchio il bosco della Castagnola a Montemarciano, inaugurato nel 1998, ma il cui progetto era stato approvato e poi realizzato a partire dal 1992. Si estende per circa 13 ettari alla periferia nord della cittadina.

Diversa la storia di Bosco Mio, (circa 2 ha), la cui realizzazione avvenuta in modo graduale nel tempo, è iniziata nel 1995.

Questi boschi visti con gli occhi di oggi possono darci una idea di come saranno in futuro i recenti boschi urbani una volta completamente formati.


FORESTAZIONE URBANA

Altro concetto che va diffondendosi negli ultimi tempi e sempre più utilizzato è quello di “forestazione urbana”. E’ un concetto molto generico che comprende tutti quegli interventi volti a riportare il verde all’interno delle città, ovunque sia possibile, anche in piccoli spazi.

Come disciplina scientifica è nata alla fine del secolo scorso negli Stati Uniti come “ramo specializzato delle scienze forestali, che ha come obiettivo la coltivazione e la gestione degli alberi in relazione al loro contributo effettivo e potenziale al benessere fisiologico, sociologico ed economico della società urbana”.

Ovviamente le specie scelte e le modalità di impianto variano di caso in caso a seconda dei luoghi e degli ambienti e spazi di intervento che possono essere anche verticali, sopraelevati (sui tetti), all’interno di grandi fabbricati.

Maestri in quest’arte sono, per esempio, Stefano Boeri, Stefano Mancuso e Piet Oudolf , un giardiniere e paesaggista olandese grazie al quale le piante spontanee, le erbacee perenni e le graminacee sono diventate di gran moda nei giardini, soppiantando fiori e specie molto più pregiate.

Come sempre non mancano estremizzazioni e forzature come “in città non piantiamo più alberi o giardini ben ordinati ma foreste, da mantenere allo stato naturale”. Bene sul piano teorico, ma in pratica…..

Da allora di boschi urbani ne sono stati realizzati moltissimi, grazie anche ai finanziamenti spesso disponibili ed alla facilità di ottenere sponsorizzazioni da aziende e privati e si continua anche oggi. Farne un elenco sarebbe lunghissimo. Vogliamo ricordare solo due esempi, uno per la vicinanza e l’altro per la rilevanza.

A Pesaro, solo nel marzo scorso, sono state messe a dimora 1.000 piante alla periferia della città, in località Caprilino. E poi ci sono i fondi messi a disposizione dal PNNR: 330 milioni di euro per progetti di forestazione urbana nelle città metropolitane, per 6.600 ettari di nuove aree verdi che dovrebbero ospitare circa 2 milioni di alberi, arbusti e semi. Anche semi, perché il nostro sistema vivaistico non si è mostrato in grado di fornire, nel breve tempo, un numero così elevato di giovani piantine.


IN SINTESI, RITORNARDO AI NOSTRI BOSCHI URBANI, E GENERALIZZANDO DI NUOVO

Mentre i parchi urbani comportano elevati costi immediati ma anche benefici subito, i boschi urbani comportano costi relativamente bassi al momento dell’impianto, ma con aspetti benefici che si otterranno non subito, ma nel corso del tempo, a volte anche lungo. Costituiscono investimenti non per l’oggi, ma proiettati negli anni a venire. Anche l’interesse è più generale e non limitato ad una città o ad un quartiere.

I boschi urbani sono un investimento per il futuro, un lascito delle attuali generazioni a quelle future, per un ambiente e una qualità della vita migliori.


CONCLUSIONI E PROPOSTE

La domanda che ci si pone spesso è: i boschi urbani costituiscono solo un onere per la loro manutenzione o possono anche essere utilizzati in qualche modo anche nel breve periodo, almeno dopo che siano trascorsi i primi anni critici per la buona riuscita dell’impianto (almeno 4 o 5 anni)?

Se si pensa di farne dei “parchi” subito, la risposta, almeno secondo la nostra visione, è no. Introdurci attrezzature come panchine o giochi servirebbe a poco e bisognerebbe creare spazi ampi, i tempi sarebbero sempre lunghi e poi come? Sacrificando molte giovani piante sarebbe contradditorio ed inaccettabile, mentre pensare al trapianto molto problematico: costi e complessità dell’operazione, e poi dove collocarli, se non in un altro bosco urbano? Non certo in parchi e viali cittadini, date le modeste dimensioni e la grande variabilità delle specie presenti.

Anzitutto sono sempre possibili le attività all’aria aperta, come passeggiate, footing, e altro.

Quello che si potrebbe fare in più è invece utilizzarli subito a scopo DIDATTICO – FORMATIVO.

Si potrebbe indicare le varie specie con dei cartelli identificativi ed illustrativi, per poi portarci le scolaresche per fare lezioni all’aperto, o farli identificare dagli stessi bambini. (alcune piante più rappresentative, ovviamente non tutte). Fino a creare dei veri e propri percorsi didattici, con gli alberi, ma non solo. Una vera e propria “biblioteca degli alberi”.

Lungo alcuni accessi e in eventuali spazi liberi si potrebbero seminare prati fioriti, anche a tema, come prati con fiori melliferi, prati dedicati a singoli colori, ecc. In commercio esistono già miscele di fiori pronte, sono un po’ costose, ma dopo una prima volta, se curati correttamente, possono autoriprodursi nel tempo. Sempre che non intervengano i “crociati anti margherite” che operano per conto della A.C. Non è certo una novità, diversi progetti vengono ideati e realizzati, soprattutto nel centro e nord Europa. Presenti anche da noi, come quelli del WWF (Progetto Fiori di Campo e tutela delle api).

A questo scopo potrebbe essere ben indicato il bosco urbano della Cesanella, ubicato al centro di un popoloso quartiere e molto vicino a due importanti plessi scolastici, elementari e materna.

Da tenere conto che in questo complesso esistono già diversi camminamenti e sentieri che ne permettono un primo momento di fruibilità. Di questi alcuni erano preesistenti, ma la maggior parte si sono formati spontaneamente grazie al passaggio dei frequentatori che già oggi sono numerosi. E di spazi liberi ne esistono a volontà.


PROGETTI DI ALTRI

Sicuramente non è nostra intenzione ignorare progetti e idee di altri, come “Il Parco che vogliamo”, promosso dalla Diocesi di Senigallia, ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, giustizia e pace.

Così come le proposte di utilizzo e fruizione proposte in questo periodo dalla Associazione culturale Next, fatto che dimostra anche come il bosco urbano sia già in qualche modo fruibile.

E’ nostra intenzione, come ovvio, lavorare per obiettivi ed interessi comuni.


NOTE

(1) Vedi nostro libro “Alberi in città”.

(2) Bosco urbano della Cesanella: In totale sono 7,5 ha per circa 4.000 alberi, 4,5 ha a Cesanella e 3 ha alle Saline. Facendo la debita proporzione a Cesanella ci sarebbero circa 2.400 alberi.



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